Passare attraverso la cruna dell’antimafia è ormai una tappa obbligata per chi intende ritagliarsi spazi in politica. Lo sanno bene molti dei presenti all’ultima marcia “Foggia Libera Foggia” organizzata lo scorso 10 gennaio nel capoluogo dauno. Accanto ai professionisti dell’antimafia, oggi c’è anche chi vuole aprirsi varchi nel sistema del potere. Ecco perché diventa di fondamentale importanza apporsi la spilla dell’antimafia sulla giacchetta. E cosa può esserci di meglio di apparire ad una marcia della legalità in vista delle prossime tornate elettorali?
“L’antimafia dei selfie” ha contagiato anche alcuni politici responsabili dei recenti scioglimenti per mafia degli enti comunali. Personaggi ben intenti ad apparire, dimenticando per qualche ora la propria connivenza con la criminalità organizzata; illudendosi che farsi notare alla manifestazione serva ad allontanarli dalle loro responsabilità. A Foggia, venerdì 10 gennaio, erano presenti anche amministratori ritenuti “incandidabili” dai tribunali e che, con le loro azioni, hanno contribuito a macchiare le proprie amministrazioni col timbro mafioso. Ex assessori e consiglieri che sfilavano compatti accanto a qualche tonaca (mediatica) di turno per lavarsi dalle loro impunità. Ex amministratori che – stando alle recenti relazioni antimafia – hanno aperto le porte delle loro proprietà a uomini dei clan.
“La mafia più pericolosa è quella delle parole”, ha tuonato il presidente di Libera, don Luigi Ciotti dal palco di via Lanza. “La mafia più pericolosa è la nostra lentezza, la burocrazia, il parlare a vuoto, il nostro promettere e non fare. Quante ne abbiamo sentite di promesse e proclami”. Un grido, quello del sacerdote veneto, rivolto soprattutto alla politica locale e ai responsabili dello sfascio. La mafia si annida nei palazzi istituzionali dove l’interesse di pochi prevarica su quello della collettività.
Intanto, poche ore dopo gli appelli in piazza, la criminalità ha rilanciato con un’altra bomba, stavolta a Orta Nova. Sfilare solo per sfilare non serve; ciò che conta è denunciare, chiamando il male per nome, come ripete continuamente il presidente di Libera. La gente deve denunciare. A cominciare da chi, con la propria presenza, ha provato ad inficiare l’effetto reale che si prefiggeva la mobilitazione di Foggia.