“Siamo nell’era della comunicazione permanente e questo fa sì che la comunicazione social di un ente come l’Università di Foggia sia in competizione con quella di un brand o di una serie di Netflix”. Ma come comunicare in maniera coerente la mission di un’istituzione come l’Università, nella sua doppia veste di ente pubblico e culturale? Quali i punti di forza e le insidie dei social network in un epoca post covid, in cui la soglia di attenzione è drasticamente calata mentre, di contro, è richiesta una più attenta e puntuale verifica delle fonti?
Il secondo appuntamento del ciclo di seminari su Media e Brand Identity organizzati dall’Università di Foggia ha dato vita ad un attualissimo dibattito sulla Qualità della comunicazione nelle pubbliche amministrazioni. L’incontro, rivolto ai professionisti del mondo della comunicazione ma anche a quanti lo danno ancora oggi troppo per scontato, ha visto protagonista Dino Amenduni, socio, consulente politico e pianificatore strategico dell’agenzia Proforma, docente di due laboratori di comunicazione politica ed elettorale all’Università di Perugia e di Torino. Insieme alla professoressa Rossella Palmieri, Delegata del Rettore alla Comunicazione e ai rapporti con il territorio, hanno animato un talk che ha fatto luce sulle modalità di interazione e di ascolto attivo tra un’azienda e i suoi destinatari finali e sulle tecniche vincenti da attuare.
Secondo Amenduni “non si può prescindere dal concetto di reputazione che va sempre di pari passo, sia on line che off line. I social media sono una scelta inevitabile ma bisogna fare bene il proprio lavoro sui canali che si è scelto di aprire. È molto più utile riuscire a dare dei feedback costanti a tutte le richieste che arrivano, piuttosto che produrre contenuti che hanno solo l’obiettivo di fare propaganda, senza fornire elementi di dialogo e reciprocità. Bisogna mantenere un tono di voce coerente col ruolo e tenere conto del bisogno dei propri interlocutori. Solo dopo si può ragionare di creatività. E creatività vuol dire accettare che la comunicazione istituzionale non debba essere per forza grigia e statica. Nell’era pre-social gli enti avevano una gamma molto limitata e rassicurante di canali per entrare in contatto con i propri interlocutori. Oggi mail, chat e social network vanno scelti e presidiati con cura per dare dei feedback costanti. Se da un lato c’è la difficoltà di gestire al meglio la competizione e l’attenzione che sui social, di fatto, è molto limitata, dall’altro lato riuscire a far meglio dei miei competitor può essere per me un vantaggio clamoroso. Spesso non si riesce a entrare in connessione con il posto perché non viene raccontato bene: non deve esserci una frattura netta tra luogo della formazione e contesto. Ecco perché l’Università non deve essere una specie di fortezza ma qualcosa di radicalmente innestato nei temi della comunità”.
Da qui la necessità di porsi come vettore di un cambiamento positivo, anche all’interno della narrazione di un territorio che ha bisogno di slanci positivi. Questa inversione di tendenza, secondo Amenduni, può essere operata proprio dall’Università, con l’aiuto di altre istituzioni al fine di generare un riscatto. “Chi meglio dell’Università può giocare quella partita? In un contesto difficile diventa fondamentale raccontare le storie di chi si è laureato e ha contribuito alla rinascita del territorio. Questa può essere una leva cruciale, sia per cambiare la percezione di sé che per immettere l’Università al centro di un percorso di eccellenza”.
Numerosi gli spunti, anche per questo incontro, arrivati dai commenti in diretta di ascoltatori e studenti, cui Amenduni ha risposto sottolineando l’importanza dell’approfondimento sui temi suggeriti, tra cui il ruolo degli studenti nella strategia comunicativa di un’Università e il rapporto tra etica e comunicazione istituzionale.
In un mondo in costante cambiamento devono comunque restare saldi i metodi, lo studio e l’approfondimento. “Il nuovo non è per forza giusto. I mezzi tradizionali, in determinati contesti, continuano a funzionare e conservano un tesoretto di attendibilità costruito nei secoli a cui a mio avviso non si può abdicare” – ha osservato Amenduni – “La profezia che li dava per spacciati non si è mai verificata. Nel Regno Unito, durante il primo lockdown, gli inglesi hanno dichiarato che i mezzi considerati più attendibili per informarsi sul Covid sono stati i quotidiani cartacei e la BBC. Oggi ha ancora senso imparare un metodo, studiare all’Università. Io ho imparato tutto lì. Ecco perché il mio invito agli studenti è di non perdere determinazione perché dalle Università italiane escono ancora talenti importanti e ricercatori riconosciuti all’estero. Oggi non è l’Università il problema in Italia, anzi, è una delle soluzioni possibili. Questo è il momento in cui bisogna allargare il proprio curriculum in modo eterogeneo perché, se è vero che il Paese è stagnante nelle classiche filiere studio-lavoro, per paradosso ci sono molte più opportunità. Il mio appello all’Università è quello di raccogliere questa possibilità e di dotare gli studenti delle competenze che possano permettere loro di inventarsi un futuro”, ha concluso Amenduni.
Il ciclo di incontri su Media e Brand Identity proseguirà martedì 15 dicembre, in streaming sui canali social dell’Unifg. Ospite della mattinata, a partire dalle ore 11, sarà Alessio Giannone, in arte Pinuccio.