Nel pomeriggio di sabato, un detenuto del carcere di Foggia ha dato fuoco alla propria camera detentiva come forma di protesta perché gli sarebbero stati negati oggetti non consentiti in nessun penitenziario. “La nube di fumo – riporta una nota stampa dell’Unione sindacati di polizia penitenziaria – ha reso necessaria l’evacuazione del reparto, e per spegnere l’incendio è dovuta intervenire l’unità della polizia penitenziaria addetta al reparto detentivo, che ha scongiurato il peggio. Per mettere in salvo i ristretti, gli agenti hanno rischiato una grave intossicazione. Solo grazie all’immediato intervento e alla professionalità del poliziotto penitenziario in servizio, si è potuta evitare l’ennesima tragedia”.
“Ogni anno – afferma Vito Messina, segretario interregionale dell’Unione Sindacati di Polizia Penitenziaria Puglia e Basilicata – la polizia penitenziaria salva la vita a circa 1500 detenuti che tentano il suicidio. Sfortunatamente, a volte, ossia in circa 40/50 casi all’anno, non si riesce a proteggere la vita degli utenti. È ovvio che tale circostanza rappresenta ogni volta una disfatta dello Stato che, ahinoi, sulle strutture penitenziarie non ha mai messo in campo progetti e innovazioni d’insieme tangibili, nella direzione del miglioramento che portano ad un reale recupero della persona che devia nella vita”.
“In ogni caso, si evidenzia il comportamento lodevole del collega che a sprezzo del pericolo ha messo in campo iniziative tese a salvare la vita delle persone ospitate nel carcere della Capitanata; purtroppo sembra che in questa struttura non si trovi mai un giusto equilibrio; infatti, nonostante quanto accaduto il 9 marzo 2020 (l’evasione di 72 detenuti, ndr), l’amministrazione centrale non ha provveduto a designare un responsabile della sicurezza a capo della struttura, oltre a rinforzare gli organici di ogni ordine e grado. A questo punto la USPP – riporta ancora la nota -, nuovamente chiederà con fermezza ai vertici dell’amministrazione centrale il cambio di rotta sulla gestione della struttura carceraria foggiana, che di fatto è ritornata sui livelli critici pre-rivolta. Questa sigla rimarca come abbia rivolto nel tempo appello a tutti i livelli dell’amministrazione, e lanciato il grido di allarme sui rischi che correva la struttura prima del 9 marzo 2020; furono informati anche sua eccellenza il prefetto cittadino, ed il questore, riguardo i rischi esistenti nella struttura in questione; ma come novelle cassandre siamo rimasti inascoltati; dopo ci fu la rivolta, e la rocambolesca maxi-evasione”.