Tutta la verità di Aldo Checchia, arrestato un anno fa per estorsione mafiosa ed oggi pentito per quello che ha fatto. Come anticipato da l’Immediato, il 30enne Checchia, foggiano, ha rilasciato dichiarazioni spontanee destinate ad entrare nella storia recente della cronaca giudiziaria e in quella della “Società”, organizzazione criminale composta da tre batterie. Il giovane ha parlato ai giudici durante il processo “Decimabis” che si sta svolgendo nell’aula bunker di Bitonto.
Per ognuno dei capi d’accusa a suo carico ha chiarito la propria posizione, a cominciare dal reato di associazione mafiosa, il più pesante al quale deve fare fronte: “Questa è l’unica accusa completamente ingiusta – ha spiegato Checchia -. Non ho mai fatto parte di alcuna associazione mafiosa di Foggia. Non ho mai partecipato a nessun incontro tra i capi delle varie batterie di Foggia. Nonostante venga indicato come un uomo fidato di Federico Trisciuoglio (capo del clan omonimo, detto “Enrichetto lo Zoppo”, ndr), non sono mai stato interpellato da nessun’altra persona. I rapporti con Nicola Valletta (35enne coinvolto anche lui in “Decimabis”, ndr), riguardano soltanto una estorsione (quella nei confronti di Angelo Bruno detto Il Pirata), commessa per motivi legati allo spaccio di droga, a me assolutamente non noti”.
Checchia ha spiegato che con Valletta si sarebbe “incontrato solo una volta”. Poi ha aggiunto: “Oltre a lui, non ho tra le mie conoscenze altre persone che appartengono presumibilmente a batterie. Ve lo dimostra anche il fatto che i pentiti Verderosa (collaboratore di giustizia foggiano, ndr) e Della Malva (pentito garganico, ndr) non mi conoscono così come io non conoscevo loro. Ho saputo chi erano solo leggendo le carte di questo processo. Voglio anche aggiungere che non ho mai avuto contatti telefonici con alcun membro del clan, e ciò poiché non li conoscevo e non ero neanche in possesso dei numeri. Il mio unico contatto e riferimento era Federico Trisciuoglio”.
Checchia ha replicato anche all’accusa di tentata estorsione nei confronti di un imprenditore edile della città: “Ammetto il reato, ma voglio fare qualche precisazione. Innanzitutto ribadisco che ho agito esclusivamente su incarico con Federico Trisciuoglio cui ero legato in quanto amico dei suoi figli già dall’anno 2012. Non conosco e non ho mai fatto riferimento, durante la telefonata con l’imprenditore che viene riportata anche nel capo d’imputazione, a Antonio Vincenzo Pellegrino detto ‘Capantica’ e a Natalino Venuti detto ‘Ciruzzo il Siciliano'”. Nella conversazione, infatti, facevo riferimento ad E.C. e a N.Z.. Aggiungo inoltre che nell’intercettazione RIT 810/2020 Progr. 1792, mentre ero in auto da solo, pronunciavo le parole ‘Anna fa e malandrin…c’amma fa due risat’ (devono fare i malandrini… ci dobbiamo fare due risate) e non già ‘Amma fa e malandrin… c’amma fa due risat’ (dobbiamo fare i malandrini… ci dobbiamo fare due risate)”.
Precisazioni anche in merito all’estorsione ai danni del ‘Pirata’. “È l’unica estorsione che ho commesso insieme a Nicola Valletta”. Messa in atto, secondo le carte di Decimabis, al fine di consentire alla vittima di gestire la piazza di spaccio di cocaina.
“Anzitutto l’estorsione, come detto dal collaboratore Carlo Verderosa, riguardava lo spaccio di droga. Per quanto ne sapevo io, il Trisciuoglio pretendeva quelle somme per un accordo con i Moretti. Ho avuto contatti solo con il Trisciuoglio, e le volte in cui ho incontrato personalmente il ‘Pirata’ ero sempre in compagnia di Domenico La Gatta (arrestato con Checchia, ndr), genero di Federico Trisciuoglio. Lui era l’unico a parlare. Era infatti La Gatta a ‘contrattare’ col ‘Pirata’ così come è stato La Gatta a intimare i pagamenti al Bruno per pagare l’avvocato al Trisciuoglio”.
Rivelazioni in merito alle estorsioni ad altri due edili della città: “Anche per queste due estorsioni ho avuto rapporti solo ed esclusivamente con Federico Trisciuoglio da cui partiva ogni iniziativa. Trisciuoglio mi ha chiesto di andare per conto suo da A.R. nonostante io non volevo andarci poiché questo era notoriamente legato al fratello di Federico. Tuttavia preciso che ci sono andato, una sola volta, poiché Federico Trisciuoglio non si fidava ciecamente del fratello. Per quanto riguarda invece l’estorsione ai danni dell’altro imprenditore, sono ed ero a conoscenza dei fatti in quanto il Trisciuoglio me li riferiva. Tuttavia non ho mai avuto alcun tipo di contatto con la vittima. Infatti, l’edile si recava a trattare le somme e i tempi dei pagamenti direttamente a casa di Federico Trisciuoglio che era ai domiciliari“.
Nelle dichiarazioni spontanee rese da Checchia, spunta anche il titolare di una catena di market: “Come avvenuto in quasi tutti gli altri episodi, ho agito nell’esclusivo interesse di Federico Trisciuoglio. Non ero minimamente a conoscenza che il titolare della catena pagasse due volte l’anno delle somme di danaro nei confronti della Società Foggiana, così come dicevano al telefono Tizzano, Aprile e Spiritoso i quali, tengo a sottolineare, non conosco e non ho mai conosciuto, e con i quali non ho mai avuto alcun tipo di contatto. I miei rapporti con N.C. nascevano dalla mia volontà di ricercare un lavoro più soddisfacente che, comunque, non sono riuscito a trovare. E poi, come è accaduto in tutti gli altri casi, ho creato un contatto tra il C. e il Trisciuoglio per il pagamento di tangenti. Non ero contento di andare di persona dal C., soprattutto dopo la mancata mia assunzione presso la sua catena. Ed infatti posso dire che era il C. spesso e volentieri ad insistere per volermi incontrare! Infatti, io sono rimasto completamente estraneo anche alla consegna materiale del denaro. Penso che questa consegna è avvenuta tra C. (accompagnato da D.) e R.S. che poi penso l’ha portata direttamente al Trisciuoglio a casa. Non so di che somma si tratta”. Infine, il caso di altri due edili vittime di tentata estorsione: “Anche in queste ultime accuse che mi vengono mosse, ho agito esclusivamente nell’interesse di Federico Trisciuoglio su sua indicazione”.
Molto violente le minacce al telefono (video in alto) pronunciate da Checchia – su mandato dello “Zoppo” – verso uno dei costruttori: “Vedi che i 10 giorni stanno passando… Ci vediamo?… sentimi un poco a noi… non fare l’eroe… che poi sono costretto… che… siamo costretti che dobbiamo andare a domandare… Dobbiamo andare dall’ex moglie tua… e da tua figlia… non ci fare fare brutte cose… Hai capito o no?… vedi di preparare i soldi… vedi… Oh… vedi che diventiamo cattivi… eh…”.
“Ho fatto grossi errori, ma niente a che fare con la mafia”
Checchia è apparso affranto in udienza, addolorato: “Vi giuro di aver detto tutta la verità. Ammetto di aver fatto grossi errori. Mi dispiace per aver causato paura e problemi alle persone vittime dei miei reati. Ma non ho niente a che fare con la mafia e non avrò mai più niente a che fare con nessuno di questi soggetti, nemmeno con Trisciuoglio. So che devo pagare per i miei errori, spero che la condanna non sia troppo alta. Quando uscirò dal carcere mi metterò a lavorare onestamente per mantenere la mia famiglia. Mi vergogno soprattutto per loro, che sono tutte persone perbene, e che ora stanno soffrendo per colpa mia”.