Si anima il processo a Giuseppe La Piccirella, detto “Pinuccio il ragioniere”, capo dell’organizzazione criminale Testa-La Piccirella. Scontro tra accusa e difesa su una conversazione intercettata in carcere tra il boss Franco Nardino detto “Kojak” e suo fratello Roberto alias “Patapuff”, rivali del “ragioniere”.
La Piccirella è a processo nel Tribunale di Foggia in seguito al suo coinvolgimento nel blitz “Ares” del 2019. Gli altri arrestati sono già stati condannati in abbreviato qualche mese fa, mentre “il ragioniere” ha scelto la strada del rito ordinario insieme al foggiano Giuseppe “Papanonno” Spiritoso, quest’ultimo con posizione marginale.
Nell’ultima udienza del processo, la difesa (avvocato Marinelli) ha chiesto di acquisire l’intercettazione del 30 dicembre 2015 tra i fratelli Nardino. Nella conversazione, infatti, ci sarebbero elementi che potrebbero contraddire l’interpretazione accusatoria in merito all’estorsione nei confronti di Giuseppe Vistola detto “Fafum”. Quest’ultimo fu vittima di agguato e, secondo l’accusa (pm Manganelli), l’azione criminale venne organizzata dal gruppo di La Piccirella per costringere l’uomo a versare una percentuale sulla droga venduta a San Severo. Da quel giorno Vistola sarebbe diventato a tutti gli effetti un membro del clan. Sempre secondo l’accusa, l’organizzazione criminale chiedeva “il punto” agli spacciatori locali, costringendoli, inoltre, a vendere soltanto il fumo. Ma non cocaina ed eroina. Vistola, ricordiamolo, è già stato condannato in abbreviato per il possesso di una piantagione di marijuana trovata a Serracapriola.
Ma il processo punta anche a fare luce su una somma di denaro che La Piccirella avrebbe consegnato a Nardino come “riconoscimento di anzianità” durante un incontro tra i boss finalizzato ad una “pax criminale” tra i due clan. “In segno di rispetto” La Piccirella avrebbe lasciato a Nardino 500 euro in contanti. Per la difesa, La Piccirella avrebbe consegnato questi soldi affinché si effettuasse un bonifico nei confronti di una terza persona, ma non per finalità illecite. Per l’accusa, invece, è uno degli episodi che proverebbe l’esistenza di una vera e propria associazione mafiosa a San Severo.
Inoltre, la difesa ha tentato di dimostrare l’inattendibilità delle conversazioni e captazioni registrate presso l’abitazione di Nardino, luogo dove “Kojak” avrebbe affermato che La Piccirella gli confidò di esserci lui dietro l’estorsione a Vistola. “Conversazioni ambientali frutto di informazioni o di dichiarazioni non riscontrate e non riscontrabili”, a parere dei legali dell’imputato. La difesa ha chiesto al collegio di acquisire anche i brogliacci, ma se ne parlerà durante la prossima udienza.
Nel frattempo, la pm ha chiesto di rinunciare a ventidue testimoni, una mossa che potrebbe snellire notevolmente il processo. Ora l’appuntamento è a febbraio quando sarà ascoltato uno dei principali investigatori per la posizione di Spiritoso.
La Piccirella è accusato di mafia, traffico di droga, 5 imputazioni di spaccio, duplice tentato omicidio, 3 estorsioni, 4 tentativi di estorsione, gambizzazione, 9 imputazioni di armi, 3 di ricettazione e una di furto. L’imputato segue il processo dal carcere di Teramo dove è detenuto in regime di Alta Sicurezza. Sentenza prevista entro l’estate 2022.