Tutto è rimesso nelle mani dei giudici amministrativi per il tentativo del Pd di ripescare la lista ricusata per la competizione di secondo livello del rinnovo del Consiglio provinciale. I dem sperano nel favor partecipationis e anche sull’assenza di una giurisprudenza specifica sulle elezioni provinciali per quel che concerne la territorialità dell’autenticatori.
Secondo i piddini il consigliere comunale di Serracapriola, che ha autenticato la lista a Foggia, firmando nel capoluogo, in qualità di elettore passivo ed attivo per le provinciali, non era fuori dalla territorialità.
Secondo il favor partecipationis le disposizioni sui sistemi elettorali sono ragionevoli se stabiliscono “oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento”. Insomma spazza via ogni vizio rilevato dagli uffici elettorali che siano frutto di una lettura formalistica della normativa che regola il procedimento elettorale. A Reggio Calabria tale principio è stato già attuato per riammettere alle elezioni una lista che era stata esclusa.
Nel Pd la rabbia è doppia anche per via di una situazione spiacevole che si è verificata. Generoso Rignanese, capogruppo alla Provincia e consigliere di Monte, per prudenza aveva deciso di astenersi dall’autenticare la lista dem e si è invece offerto come autenticatore per la lista emilianista di Insieme per la Capitanata. “Tra tanti sindaci Pd abbiamo scelto un consigliere di Serracapriola e i nostri autenticatori li abbiamo prestati agli altri”, è lo sconforto di un dirigente. Se il Pd dovesse restare fuori dai giochi, con la mancata elezione di almeno 4 consiglieri dem, sfumerebbero le possibilità per Giuseppe Nobiletti da Vieste o per qualsiasi altro sindaco dem di essere il prossimo candidato alla presidenza. Un sindaco piddino, quand’anche riuscisse ad essere eletto, non avrebbe nessuno del suo partito in Consiglio. Di certo un vulnus per amministrare con efficacia.